La prima trasferta non si scorda mai. E nemmeno il terzo posto conquistato dalla Under 15 della Rugby Roma alla prima edizione del torneo Città di Foligno. Dopo la sconfitta con il Valdelsa nella partita finale del gironcino decisiva per il primo posto, la squadra allenata da Gianluca Vella e Juan Manuel Bigi ha pareggiato per 7-7 con il Viterbo nella finalina per il terzo posto. La trasferta di due giorni per molti ragazzi è stata la prima in assoluto: “Siamo partiti - dice il capitano Davide Carcione - considerandolo un impegno molto serio, perché affrontavamo squadre mai viste prima e perché volevamo vedere a che livello fossimo. C'è stato molto senso di responsabilità nella squadra, c'erano state date delle indicazioni su orari e tempi, io come capitano ho semplicemente dato qualche sollecitazione, ma non ce ne è stato bisogno, perché c'è stata una grande attenzione. In campo siamo stati aggressivi sempre dai primi minuti, specialmente in difesa”. Davide ha 15 anni, è primo centro, gioca da quando ne aveva 7, è di Spinaceto e frequenta l'Istituto tecnico amministrazione, finanza e marketing. "Perché sono capitano? Gli allenatori hanno individuato in me caratteristiche adatte al ruolo, non necessariamente legate al campo. Devo migliorare nei calci e nella corsa dritta, forse perché penso a troppe cose invece di farne una sola ma bene. Il mio giocatore preferito? Nacho Brex, perché è cattivissimo. Io sono molto competitivo, non mi piace perdere nemmeno in allenamento".

Di fronte a squadre finora mai incontrate, l'Under 15 bianconeroverde ha mostrato grande attenzione in ogni singolo incontro, sinonimo di crescita, sia individuale ma soprattutto collettiva, a sentire Cesar Augusto Filosi Bruziches, psicologo dello sport qualche anno alla Rugby Roma e che da gennaio segue costantemente questa categoria: "La cosa positiva - ci spiega - è vedere la consapevolezza che stanno acquisendo i ragazzi rispetto al lavoro che portiamo avanti da tre mesi. Secondo quelle che sono le indicazioni dell'hed coach Daniele Montella, si tratta di un lavoro molto legato alla comunicazione. E mi fa piacere vedere che i ragazzi diventano sempre più autonomi, perché evidentemente raccolgono gli input specifici che gli vengono trasmessi. In questa fascia d'età è importante e giusto che loro pongano le domande all'allenatore, che chiedano spiegazioni, che partecipino alle riflessioni. Perché più fanno domande piùl'allenatore capisce che livello e che qualità sta raggiungendo l'allenamento e le informazioni che si perdono sono sempre di meno. A Foligno la cosa bella è stata vedere un'autonomia costante e la spontaneità nel cercare il dialogo tra di loro nelle varie fasi del torneo, che aveva tante variabili. Purtroppo il lavoro dello psicologo non è tangibile subito, i frutti si vedono col tempo, sono tante piccole cose che vedi nell'insieme".

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