L’esordio, da titolare, con meta a Paganica, il diciannovesimo compleanno festeggiato il 19 aprile, la tripletta rifilata due giorni dopo all’Unione Rugby Firenze che ha spianato la strada della vittoria. La Rugby Roma si gode l’exploit di Christian Siragusa, l’ala arrivata da Latina e che, dopo una stagione in seconda squadra, si sta regalando un finale di campionato di Serie A strabiliante. Allora abbiamo pensato di conoscerlo un po’ meglio.

Dove inizia la tua avventura con il rugby?

Ho iniziato a 10 anni a Latina, merito di mamma Gessica: notò un post su Facebook e mi portò a provare, mi è piaciuto da subito. Facevo nuoto, ero anche bravo, ma mi ero un po’ stancato perché mettendomi con quelli più grandi gli allenatori mi chiedevano più di quanto io capissi, penso che gli allenamenti fossero troppo tosti. Nessuno in famiglia conosceva il rugby, è stata una scoperta per tutti. A me piacque da subito perché potevo stare all’aria aperta e insieme a tante persone: è il mio carattere”.

E il calcio?

Ci ho giocato per un anno dopo un intervento alla spalla: non potendo sostenere gli impatti del rugby, giocando a calcio potevo almeno correre e mantenere il tono muscolare. Tra l’altro a mamma il calcio non piace, lo trova un po’ fasullo…”.

A Latina il rugby come trova spazio?

Formando franchigie con le altre società: io ad esempio ho giocato anche con Colleferro, Anzio, Cisterna, Ostia”.

Come eri da piccolo rugbista?

Mi sono sempre impegnato e questo è stato determinante. Magari non ero tanto forte, ma ci ho sempre messo tanta dedizione, non ho mai mollato. Se c’era da fare una cosa, la facevo e basta, senza lamentarmi. Forse per questo mi sono sempre trovato bene con tutti gli allenatori che ho avuto, li sento sempre e con due, Marco Torelli e Pierpaolo Di Mambro, oggi giochiamo addirittura assieme qui alla Rugby Roma”.

Raccontaci l’esordio a Paganica: eri emozionato?

Nooooo (il no è davvero con tantissime o, ndr.), ma quando mai. Non sono il tipo che si emoziona. Ero tranquillo, così come sono rimasto tranquillo anche alla prima in casa con Firenze. Non penso alla gente che sta fuori, non mi distraggo dalle cose che devo fare in campo, non sento niente e nessuno. E non penso che sia una questione di categoria o di pubblico, ero tranquillo anche quando ho giocato per le Fiamme Oro in Coppa Italia con Piacenza”.

E la Rugby Roma come ti ha scoperto?

C’erano stati dei raggruppamenti dove forse mi hanno notato, poi sono venuto io qui per giocare. Ho iniziato con qualche presenza, ero nuovo, ma poi piano piano sempre di più. E la fortuna di allenarsi insieme alla prima squadra, con gli staff tecnici così a stretto contatto, ha permesso agli allenatori di seguirmi bene”.

La prima squadra è un punto di arrivo?

Esordire in Serie A era un mio piccolo obiettivo di quest’anno, a breve termine. Non mi sento certo arrivato, anzi, finché non sarò dove voglio, non penso di potermi accontentare. Dove voglio arrivare? Più in alto possibile, ovviamente”.

Quattro mete in due partite te le aspettavi?

Più che alle mete, sto attento alla prestazione. In campo c’è stato molto aiuto dei compagni, con le opportune indicazioni che servono a un ragazzo che non ha mai giocato insieme a loro”.

E oggi a casa il rugby è ancora uno sport sconosciuto?

Al contrario, lo seguono tutti, siamo andati a vedere anche diverse partite dell’Italia nel Sei Nazioni all’Olimpico. E per capire il grado di coinvolgimento, vi faccio l’elenco delle persone che sono venute a vedere la partita con Firenze: ovviamente mamma, papà Luca con Valentina, la mia fidanzata Arianna, nonna Liliana, nonno Paolo, zia Valeria, zio Emanuele, i miei fratelli Gabriele e Aurora. Ci sono volute tre macchine”.

E tra questi, chi è adesso il più competente?

Oddio, magari lo zio, anche se è il più convinto è nonno, che si lancia anche in suggerimenti forse un po’ azzardati”.

Magari lo mettiamo al fianco di Daniele Montella nelle prossime partite…

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