Le due Rugby Roma di Alessio Murrazzani sono abbastanza diverse: in una ci giocava e lottava per lo scudetto al Tre Fontane, nell’altra, in quella di oggi allena gli avanti e culla l’ambizione di tornare nel rugby di Elite. Un ruolo, quello di oggi, di grandissima responsabilità, perché è proprio dal pacchetto di mischia che il coach Daniele Montella costruisce le fondamenta di un gioco che sin qui ha permesso alla squadra di consolidare un eccellente sesto posto in classifica alla sosta natalizia del campionato di Serie A, con 5 vittorie in 9 partite e una crescita costante.

Murrazzani ammette però che il suo lavoro è favorito da un gruppo di avanti molto numeroso e di qualità. “Per esempio possiamo tranquillamente notare che c’è uno squilibrio negli uomini a disposizione tra avanti e trequarti”, dice l’ex numero 8 campione d’Italia. “Noi per esempio di partita in partita possiamo scegliere su quale tipo di gioco e di giocatori puntare, se far prevalere forza fisica o mobilità. Ultimamente, però, con gli infortuni di Bilotti e Romagnoli siamo un po’ corti anche noi. Nel complesso nel gruppo abbiamo uomini di peso, gente con esperienza e nella categoria. Restano quindi una buona qualità e abbondanza”. Al di la degli aspetti tecnici, sui quali si lavora quotidianamente, a colpire Murrazzani sono di più gli aspetti morali del gruppo: “La chiave è la compattezza: quello che si vede in campo, nasce da fuori. Daniele e lo staff sono stati bravissimi a creare un certo tipo di dinamica. La maggior parte dei ragazzi viene da un percorso di crescita comune, ma ogni volta che c’è un nuovo innesto, qui si sente subito a casa, diventa un fratello. Lo spirito di accoglienza è la forza dei nostri senatori, di Bernasconi, Battarelli. E quando tu stai bene, sei stimolato sempre a dare qualcosa in più. In una squadra di professionisti ci si può anche odiare, ma è un lavoro con degli obiettivi da perseguire, in una squadra semi professionistica, invece, se non c’è l’alchimia non si vince”. Un gruppo con il quale lavorare diventa moltom piacevole. “La cosa che mi stupisce e colpisce di più - dice Murrazzani - è la disponibilità. Ci sono sempre, tutti, si fanno in quattro, in silenzio, davanti a complimenti o rimproveri lavorano sempre allo stesso modo, non si montano la testa. E stupisce ancor di più se si pensa che per la quasi totalità della squadra si tratta della prima esperienza in Serie A. Le prime partite sono state tutte di apprendimento, in ogni settore: alla categoria, agli arbitri, agli scontri fisici. Piano piano si riempie il bagaglio e ogni partita c’è un passo in avanti. anche la sconfitta con il Livorno è servita, per ricordarci chi siamo e che dobbiamo crescere”.

Un equilibrio, quello di Murrazzani, che potrebbe stupire chi lo aveva conosciuto da giocatore: “Ma non è vero che ero un rompicoglioni!”, si difende… “Magari fuori si, in partita, ma all’interno di un gruppo, da parte mia non c’è mai stata una parola fuori posto o una mancanza di rispetto. Anzi, proprio questo aspetto è quello in cui mi rivedo oggi nei miei giocatori. Sono cambiate anche un po’ le dinamiche e i rapporti, oggi un allenatore parla molto di più con i giocatori. Dietro alle scelte ci sono tanti pensieri, poi secondo me una spiegazione serve, perché più rendi partecipe qualcuno, più si sentirà importante nell’economia del gruppo. Se non lo coinvolgi, se ne frega”. A proposito di paragoni: inevitabile non parlare di Tre Fontane e Tor Pagnotta: “La mia generazione e quelle precedenti per 30 anni sono cresciute dentro al Tre Fontane. Eravamo affittuari, ma lo sentivamo come casa nostra. C’era lo stesso attaccamento alla società, ma le potenzialità ora sono ovviamente diverse. Seppur da poco, la Rugby Roma oggi qui a Tor Pagnotta sta posando le fondamenta sulle quali sarà più facile costruire un futuro stabile”.

Alla ripresa del campionato, domenica 14 proprio a Tor Pagnotta arriverà la Capitolina per il quarto derby stagionale: su quali aspetti la squadra, e nel caso specifico di Murrazzani, gli avanti dovranno lavorare di più? “In mischia abbiamo troppi alti e bassi durante la partita e fra una partita e l’altra. Dobbiamo imparare che se sei dominante, devi esserlo per tutti gli 80 minuti. Sarà un passo avanti dal punto di vista della mentalità. Se sei più forte e in campo stai dominando, devi dimostrarlo a ogni mischia, non puoi abbassati a un livello inferiore, altrimenti diventi più scarso anche tu. E non abbiamo ancora quella determinazione che ti porta, quando c’è la possibilità, di dominare per 80 minuti. Se molli, se ti rilassi, è un errore”. Più difficile per gli allenatori invece intervenire su aspetti che comportano invece di partita in partita un adattamento al metro dell’arbitro di giornata: “Se da un lato è vero che forse concediamo troppi calci di punizione, dall’altro c’è la mancanza di feedback sufficienti da parte del settore arbitrale utili a correggere i comportamenti sbagliati. Prima della partita l’arbitro dà delle indicazioni, ma sono di prassi, non c’è poi una spiegazione più approfondita su come attuare e cosa andare a guardare. In partita qualche volta si può intervenire osservando i comportamenti in prima linea, perché poi alla fine è sempre lì che le cose sono più complicate: tante volte l’adattamento c’è, ma per altre poi c’è da tenere conto dell’avversario e delle qualitià individuali che non ti permettono di fare quello che vorresti”.

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